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Banca

Anno

2001

Località

Santa Maria a Monte

Progetto di restauro di una Banca

Intervenire su una preesistenza significa lavorare su una quantità di segni progettuali già dati che possono essere rifiutati o al contrario essere mantenuti, in relazione all’importanza che attribuiamo loro, evitando che il confronto con l’ordine costituito di una architettura esistente sia paralizzante per la nuova progettazione.

La prima operazione è stata proprio un’analisi critica, per capire quali fossero gli elementi che costituivano l’essenza della facciata esistente, il cui criterio ordinatore necessariamente traspare attraverso di essi. Il prospetto precedente era impostato secondo uno schema consolidato, sostanzialmente uguale a se stesso ogni volta che viene riproposto: un piano suddivide la superficie in due parti uguali, a loro volta poi divise ancora in due, secondo un’operazione consueta e ormai “consumata”, ripetuta con innumerevoli varianti nel mondo dell’architettura. Questa prima spartizione della superficie limita il successivo campo di azioni a una variazione superficiale di elementi di dettaglio; in questo caso una larga vetrata divideva la facciata, imponendo un segno che poteva dare luogo solo ad una impostazione rigidamente simmetrica, secondo due assi perpendicolari tra loro, che ordinavano lo spazio in quadrati, ciascuno dei quali occupato da una finestra.

Il nuovo progetto tende a riconsiderare questa schematizzazione ripetitiva in favore di un approccio più libero che, senza limitarsi a studiare segni per una superficie, pensa il prospetto non solo in termini di altezza e larghezza, ma come qualcosa che possiede anche una dimensione sensoriale, evocativa e materica. L’intenzione è di considerare la nuova facciata come un diaframma che reinterpreta completamente l’edificio attraverso i materiali e attraverso un disegno che lega le parti in un tutto unico, cercando un elemento (il segno curvo che si imprime sulla vetrata) che assuma appunto il significato di tramite, di elemento che ripristina una continuità interrotta L’edificio viene ad avere una nuova pelle del caldo marrone dell’acciaio cortain, un colore che diventa quasi dorato al crepuscolo, quando il sole lo illumina di luce radente e l’edificio assume una inaspettata lucentezza. Una diversa percezione si ha invece di notte, quando dominano il colore freddo dell’acciaio inox e del vetro che segna la sommità della struttura, in una conclusione evanescente verso il cielo: le parti piene si annullano nell’oscurità e prendono il sopravvento le luci color ghiaccio che si riflettono sulle superfici metalliche. Luci interne alla banca quindi e luci dell’ambiente notturno, come le strisce evanescenti dei fari delle auto, dei quali si trova un segno in facciata, nei lunghi tagli luminosi che segnano il prospetto in senso orizzontale.

Questa architettura viene ad avere una doppia vita: chiusa e monolitica di giorno, si apre la notte verso l’esterno, illuminando la piccola piazza e suggerendo l’idea di un microcosmo che ancora vive nella struttura, un attività che prosegue e che infatti offre ai clienti servizi notturni, come il bancomat e la cassa continua.

Il confortevole spazio pubblico, dovuto all’arretrarsi dell’edificio dalla strada,diviene una piccola isola, un “vuoto”, situato in tanto “pieno” di edificazione, che invita ad uscire dal caos della trafficata arteria di scorrimento antistante; si tratta di uno spazio progettato come un micro-ambiente urbano, dove i materiali e le scelte di dettaglio esprimono l’intenzione progettuale di dare un nuovo significato a questa piccola area che smette di essere un ritaglio nel tessuto urbano per divenire un piccolo spazio pubblico, valorizzato dalla presenza delle sculture che da sempre portano con se l’idea della piazza.

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